La conversione del D.L. 137/2020 operata dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 consente al cancelliere di rilasciare copia esecutiva di sentenze e provvedimenti nella forma di documento informatico e all’avvocato di scaricare dai registri di cancelleria il duplicato di tale documento o la copia di cui dovrà attestare la conformità.
Il nuovo disposto del comma 9 bis dell’art. 23 prevede infatti che: «La copia esecutiva delle sentenze e degli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria di cui all’articolo 475 del codice di procedura civile può essere rilasciata dal cancelliere in forma di documento informatico previa istanza, da depositare in modalità telematica, della parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento.
La copia esecutiva di cui al primo periodo consiste in un documento informatico contenente la copia, anche per immagine, della sentenza o del provvedimento del giudice, in calce ai quali sono aggiunte l’intestazione e la formula di cui all’articolo 475, terzo comma, del codice di procedura civile e l’indicazione della parte a favore della quale la spedizione è fatta.
Il documento informatico così formato è sottoscritto digitalmente dal cancelliere. La firma digitale del cancelliere tiene luogo, ai sensi dell’articolo 24, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, del sigillo previsto dall’articolo 153, primo comma, secondo periodo, delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368.
Il difensore o il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio possono estrarre dal fascicolo informatico il duplicato e la copia analogica o informatica della copia esecutiva in forma di documento informatico. Le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, della copia esecutiva in forma di documento informatico estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformità a norma dell’articolo 16-undecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, equivalgono all’originale.».
Norma di carattere emergenziale
É innanzi tutto da ricordare che la norma di cui ci occupiamo avrà un’efficacia limitata al periodo emergenziale, dato l’inserimento della stessa nella legislazione finalizzata a fronteggiare l’epidemia in corso.
Il coordinamento con l’art. 476 c.p.c.
Il primo aspetto da affrontare è il coordinamento della nuova norma con l’art. 476 c.p.c.
In altre parole, cosa impedisce all’avvocato di scaricare il titolo esecutivo messo a disposizione dal cancelliere come documento informatico e utilizzarlo in più esecuzioni?
La cumulabilità dei mezzi di esecuzione è del resto implicitamente consentita dall’art. 483 c.p.c.
Tale norma limita infatti il diritto del creditore di agire cumulativamente in più esecuzioni solo qualora il giudice accertasse la violazione dei principi di buona fede o l’abuso di strumenti processuali (art. 111, I comma, Cost). La valutazione sulla congruità delle azioni promosse dal creditore potrà peraltro essere effettuata dal giudice non d’ufficio, ma solo su ricorso del debitore. Ne deriva che lo stesso titolo potrà essere azionato in più procedure, anche omologhe, nei confronti del medesimo debitore, salvo che venga accertato che la proposizione di più azioni esecutive sia ingiustificata.
La giurisprudenza non ritiene peraltro incidente sulla efficacia del titolo e/o sulla validità del processo esecutivo nemmeno l’inosservanza del dovere imposto al cancelliere (o al pubblico ufficiale) di non rilasciare più di una copia esecutiva. Tale attività costituisce quindi una semplice irregolarità, sanzionabile solo pecuniariamente (Cass. sez. lav. n. 25568/2008).
É bene chiarire che l’avvocato che scarica il titolo esecutivo informatico non sta spedendo in forma esecutiva un’altra copia del titolo, ma sta semplicemente estraendo un duplicato dello titolo informatico originale, cioè il primo spedito in forma esecutiva. É opportuno a tal proposito ricordare che il duplicato non è altro che lo stesso originale, che è identico al file originale, in quanto ha lo stesso contenuto e la medesima sequenza binaria.
Insomma Il difensore estraendo un duplicato e facendone una o più copie non svolge un’attività che è propria del cancelliere, cioè quella prevista dall’art. 476 c.p.c. Di conseguenza non può incorre nella sanzione di cui al 4° comma di tale norma che non a caso identifica i destinatari della stessa nei soggetti competenti ad apporre la formula esecutiva.
Un’altra considerazione rafforza quanto sopra esposto.
Dal 31.3.2015 (quando l’art. 16 bis del D.L. 179/2012 ha previsto l’obbligatorietà del deposito telematico nei procedimenti di espropriazione forzata) cosa impedisce all’avvocato di utilizzare il medesimo titolo in più esecuzioni nei confronti del medesimo debitore? Dopo che l’ufficiale giudiziario ha restituito all’avvocato l’originale cartaceo del titolo esecutivo nulla impedisce infatti al difensore di promuovere altra azione esecutiva utilizzando il medesimo titolo. Poi, al momento dell’iscrizione a ruolo dei vari procedimenti esecutivi l’avvocato depositerà copia autentica sempre del primo titolo spedito in forma esecutiva.
E ciò senza considerare il fatto che anche prima di tale previsione, e cioè quando le procedure esecutive erano ancora analogiche, era possibile, ai sensi dell’art. 488, II comma c.p,c. depositare nel procedimento promosso, in luogo dell’originale, una copia autentica del titolo esecutivo e poi depositare tale titolo in altra esecuzione.
Tornando ora al punto da cui siamo partiti, il problema non si pone nel caso in cui l’avvocato dovesse notificare il titolo informatico in proprio via posta o mediante ufficiale giudiziario. Come detto, l’attestazione di conformità della copia cartacea del titolo elettronico non sarà certamente una spedizione in forma esecutiva di un’altra copia del titolo, ma una semplice copia del titolo originale (con formula).
Aspetti deontologici
É ragionevole ritenere che eventuali responsabilità disciplinari possano derivare solamente dalla violazione del precetto di buona fede e correttezza previsto dall’art. 9 del codice deontologico. Ne deriva che se venisse accertato che le azioni esecutive fossero state giustificate non pare ravvisarsi alcuna responsabilità da parte dell’avvocato.
Ma anche nel caso in cui fosse accertato che la pluralità di azioni esecutive fosse ingiustificata, la valutazione del giudice disciplinare non potrà appiattirsi sull’ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione ex art. 483 c.p.c. Il giudizio sulla responsabilità disciplinare dovrà infatti tener conto degli elementi a disposizione dell’avvocato al momento della proposizione delle azioni.
In pratica
Fatte queste opportune premesse vediamo in partica cosa dovrà fare il difensore.
1) L’avvocato che intende ottenere il rilascio della formula esecutiva su sentenza o altri provvedimenti giudiziali (ordinanze ex art. 186-bis, 423 e 648 c.p.c., verbali di conciliazione etc.) deposita telematicamente nel fascicolo in cui è stato emessa la decisione o il provvedimento un’istanza generica che denomina “Richiesta di rilascio di formula esecutiva”.
2) Il cancelliere – verificata la regolarità dell’istanza e la completezza dell’eventuale documentazione allegata (per esempio la prova dell’avvenuta notifica) – deposita nel fascicolo telematico la decisione / il provvedimento munita/o di formula esecutiva.
3) L’avvocato estrae quindi il duplicato del titolo o la copia dello stesso che in tal caso deve autenticare ai sensi dell’ultima proposizione dell’art. 23, comma 9 bis del D.L. 137/2020.
Antecedente prassi dubbia
La previsione normativa in esame pone rimedio alla dubbia prassi che si stava diffondendo in alcuni Tribunali che ritenevano legittimo che l’Avvocato estraesse un titolo in formato digitale munito di formula esecutiva e ne attestasse la conformità. Ciò in contrasto con quanto previsto dall’art. 16 bis, comma 9 bis del L.L. 179/2012, che non consente all’Avvocato di “estrarre con modalità telematiche duplicati o copie” di documenti propri del cancelliere, ma solo di “atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo“.
I protocolli che disciplinavano tale prassi prevedevano inoltre che l’avvocato fosse tenuto a dichiarare che quella utilizzata era l’unica copia del titolo che intendeva azionare (Dichiara, sotto la propria personale responsabilità, che la presente è la sola copia spedita in forma esecutiva che intende azionare, ex art. 476, comma 1 cpc.“.). La previsione di tale impegno pare trovare fondamento più su un compromesso volto a far quadrare il cerchio riferibile all’illegittima prassi, piuttosto che su un qualche riferimento normativo.
Purtroppo i vademecum – emessi anche a seguito della previsione che legittima l’avvocato ad attestare la conformità della copia del titolo informatico reso disponibile dal cancelliere – mantengono la medesima impostazione.
C’è a tal proposito da osservare che l’impegno che assumerebbe l’avvocato potrebbe pregiudicare il diritto del cliente, con conseguente responsabilità professionale. Se infatti il debitore avesse altri beni oltre a quelli oggetto dell’azione esecutiva, questi ultimi potrebbero non risultare più nella sua disponibilità in un momento successivo, con conseguente incapienza del credito.
Ma anche qualora l’avvocato disattendesse l’impegno assunto incorrerebbe in responsabilità, questa volta solo disciplinare per violazione dell’obbligo di buona fede.
Art. 476 c.p.c. Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento con ricorso al capo dell’ufficio che lo ha pronunciato, e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l’atto fu formato. Sull’istanza si provvede con decreto. Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena pecuniaria da euro 1.000 a 5.000, con decreto del capo dell’ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma [disp. att. 154]. (torna al punto di lettura)
Art. 483 c.p.c. Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge, ma, su opposizione del debitore, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina.
Se è iniziata anche l’esecuzione immobiliare, l’ordinanza è pronunciata dal giudice di quest’ultima. (torna al punto di lettura)